mercoledì 3 agosto 2011

Un articolo sul TRC di Stefano Corazza


La definizione di “Trasporto Rapido Costiero” o “MetroCosta” tra Ravenna e Cattolica  è formalizzata nel PRIT (Piano Regionale Integrato dei Trasporti 1998/2010): “...sistema a struttura flessibile e composita dal punto di vista tecnologico, in ragione della diversa concentrazione e caratteristiche del territorio da servire”.
Certo ancora non ne capiamo molto di più! Sappiamo però che per la tratta Rimini-Ravenna anche il PRIT non va, in sede di presentazione, oltre un'estrema genericità: “Per la tratta Rimini-Ravenna si prevede la realizzazione di un sistema di trasporto extraurbano, anch’esso di media capacità su sede propria, di standard paragonabile a quello delle moderne ferrovie urbane-suburbane.”
Se vogliamo veramente capire qualcosa di più occorre andare al Capitolo 8 del PRIT. Si spiega qui che tale tratta sarà realizzata con un insieme articolato di interventi sulla attuale linea ferroviaria interventi che vanno da una riqualificazione della linea ad una sua specializzazione (per passeggeri), da una rifunzionalizzazione-qualificazione delle Stazioni, alla previsione di  nuove fermate  per averne, in media, una ogni 2km. E ancora altri interventi sul materiale rotabile, etc.
Che cosa è successo da allora? Beh non molto ma qualcosa è successo. Intanto sono stati realizzati su quella linea diversi sottopassi per diminuirne la pericolosità poi è stato realizzato un orario cadenzato di treni regionali da Ravenna verso Pesaro e persino Ancona; recentemente poi per la stagione 2011 sono stati previsti ben sette treni aggiuntivi gestiti dalla società ferroviaria regionale FER  e infine sono state pubblicizzate iniziative promozionali (biglietto treno gratis) per i visitatori dei Musei. Certo, gli obiettivi del PRIT da: “..il passaggio di un veicolo ogni 15 minuti con una capacità di trasporto non inferiore a 250 posti..”, a quelli di riqualificazione sopra sintetizzati sono ancora lontani, ma qualche piccolo passo in modo sostenibile è stato compiuto.

Per la tratta Rimini-Riccione l'iniziativa, dice il PRIT, siamo nel 1997, è invece già in corso, anzi addirittura: “La tratta Rimini-Riccione del MetroCosta è già in fase di attuazione in virtù delle provvidenze della legge 211/92 e dei contributi di Regione; Comuni di Rimini e Riccione, Azienda TRAM di Rimini.
La descrizione del sistema da realizzare su questa tratta è in effetti ciò di cui ancora oggi si continua a parlare: “...sistema di trasporto urbano di media capacità su sede propria, di standard paragonabile a quello delle moderne metropolitane leggere, attrezzato per la circolazione di veicoli a guida vincolata a trazione elettrica. I veicoli, di concezione innovativa, potranno parimenti circolare sulla ordinaria viabilità stradale, senza la necessità di impianti fissi.
Straordinaria è invece la descrizione della domanda prevista per questo sistema: “La domanda attraibile da questo sistema è stata valutata nell’ordine di 11 milioni di spostamenti annui. Tale domanda produrrà un traffico di punta dell’ordine di 90.000 passeggeri/giorno (in un giorno medio del periodo di punta estivo).
Il programma di esercizio è articolato su due componenti:
• servizi di tipo lineare, lungo la direttrice costiera, nel periodo estivo;
• servizi a rete per gli altri periodi dell’anno.
Il modello di esercizio del servizio estivo di tipo lineare è basato su frequenze massime di 5’ (12 veicoli all’ora). Con veicoli da 18 metri, la capacità di trasporto della linea si attesta sul valore di 3.600 posti all’ora per ciascuna delle due direzioni di marcia.
Pur nella loro assoluta infondatezza i dati sui passeggeri previsti, però, non sono certo rimasti costanti nel tempo. Il “1°Rapporto sullo stato dell'Ambiente” di Riccione  parla di una domanda stimata in “16 milioni di viaggiatori all'anno” (pag. 74). E chi più ne ha....
Provate a cercare quale sia l'attuale domanda di trasporto sui mezzi della Tram fra Rimini e Riccione. Nel sito della Azienda di trasporto nessun dato viene fornito (né sui passeggeri, né sui bilanci...). Con beneficio di inventario riporto il dato del “1°Rapporto...”(citato) che li quantifica in 5 milioni (al 2002) sostanzialmente stabili dal 1997.
A parte qualche sottopasso (comunque necessario) e svincolo il Metrocosta TRC Rimini -Riccione è invece ancora fermo e si può impedire la realizzazione di quest'opera già da molti definita non solo inutile, ma dannosa.
Recentemente Legambiente ha sottolineato che la scelta allora (1995) fatta per il trasporto in sede propria con mezzo elettrico e su gomma fra Rimini e Riccione poteva  essere determinata anche dalla rigidità delle FFSS a collaborare con le amministrazioni locali. La privatizzazione della società statale, la nascita di un trasporto regionale in ambito FS ed addirittura di una società ferroviaria regionale FER, la realizzazione di accordi ed interventi coordinati fra Fs e Regione e Province, tutti fatti maturati nel periodo,  mostrano che questo motivo non è più proponibile.  Si continua ad ipotizzare l'estensione del servizio Metrocosta alla Fiera  che sarebbe così raggiungibile dalla Stazione FS,  ma lo sapete che la Fiera ha, da qualche anno, una Stazione Ferroviaria di fronte all'ingresso?
Applicando a Rim-Ric il criterio di una fermata ogni 2 Km (vedi PRIT)  analogamente alla tratta Rim-Rav si potrebbe avere una nuova fermata in località Alba (Riccione) e due nuove fermate in località Pascoli e Ospedale (Rimini) che offrirebbero una nuova opportunità a residenti e turisti (nella prospettiva “un veicolo ogni 15 minuti”) sia di viaggiare lungo la costa che di connettersi con le Stazioni (Rimini o Riccione) per le linee nazionali.
A una prospettiva analoga sembra aderire Legambiente.

Ma il tema da affrontare in via prioritaria non è tanto “quale infrastruttura”, ma “quale mobilità” in quella conurbazione metropolitana che diventa la costa romagnola nel periodo estivo? Ovvio che mobilità non possa oggi che essere associata con l'aggettivo “sostenibile”, in termini energetici, di emissioni di CO2, di rumore, di congestione che consuma tempo.
Anche il PRIT pare accorgersi di tale problema ma solo in rapporto alla infrastruttura del MetroCosta che definisce: “..un'opportunità... di riorganizzare la disciplina della circolazione e della sosta nelle aree urbane, nell’ottica di incentivare l'interscambio tra autovettura privata e mezzo pubblico, secondo schemi atti ad indurre un benefico alleggerimento della pressione a cui e sottoposta la rete viaria soprattutto durante i mesi caldi; ciò, soprattutto, per un miglioramento sostanziale della qualità urbana e ambientale.
Bene, credo che qui sia il vero nodo del problema.
L'infrastruttura del MetroCosta tra Riccione e Rimini è invece proprio un modo per evitare di affrontare correttamente il problema della mobilità sostenibile e della qualità della struttura urbana! Il costo dell'opera (quello attuale previsto in ca. 100 milioni e non ancora del tutto coperto da finanziamenti disponibili è solo indicativo essendo computato a prezzi 94-95) e l'indebitamento conseguente sottrarranno agli enti locali disponibilità di risorse per provvedere davvero a realizzare una “mobilità sostenibile” nell'area costiera che dovrebbe avere come punti cardine (certamente l'elenco non è esaustivo, ma esprime un chiaro indirizzo) :
-      eliminazione della possibilità di percorrenza  longitudinale alla costa,  con mezzo privato, al di sotto della linea ferroviaria con conseguente decongestione della strada litoranea;
-      accesso “clusterizzato” (cioè circoscritto ad un limitato Settore di costa da cui non sia possibile uscire se non ritornando indietro) “da monte a mare”, limitato ai Parcheggi privati e pubblici del Settore;  servito da Parcheggi in prossimità delle principali vie longitudinali (Statali e Autostrada) da cui accedere al mare con navette elettriche;
-      riqualificazione delle  Aree Parcheggio e di numerose strade prossime al mare attraverso la loro attrezzatura ad aree di Parchi e Giardini, sosta, sport e gioco, percorsi pedonali e ciclabili;
-      destinazione di alcune aree Parcheggio esistenti su suolo pubblico al di sotto della linea ferroviaria ai residenti  sottoponendoli a tariffazione; accesso consentito esclusivamente a chi ha disponibilità di spazio sosta in spazio pubblico o privato.
-      incentivi alla conversione a mezzi elettrici o ibridi a ridotta emissione dei mezzi di servizio pubblici e privati operanti nella fascia costiera.

L'attuale linea filotramviaria impedita oggi nel suo regolare scorrimento dalla congestione di auto private troverebbe nell'attuale percorso una sede quasi esclusiva (se si eccettua il traffico di servizio, magari limitato a fasce orarie) che potrebbe essere qualificata al suo servizio con fermate attrezzate (quanto meno da tettoie pannelli informativi, macchinette per l'emissione di biglietti, banchine di accesso ai mezzi a raso etc). Il rinnovo dei mezzi (in gran parte obsoleti) potrebbe garantire maggiore comodità e capienza. Peraltro la linea attuale con gli attuali mezzi può sopportare e lo ha già fatto in passato un numero ben superiore a quello di oggi. La linea ha peraltro proprio tutte le caratteristiche di sostenibilità (è elettrica, a basso impatto rumoroso) e funzionalità che la domanda attuale e prevedibile richiede: si trova infatti esattamente sull'asse principale dei servizi commerciali, ricreativi, di ristorazione e ricettivi, ma anche di servizi  scolastici e ospedalieri (poco lontani),  di interconnessione (serve la Stazione di Rimini) etc che generano la domanda di trasporto sull'asse Rimini-Riccione. A suffragio di quanto dico voglio usare proprio le parole del Presidente dell'Agenzia Tram di Rimini, Prof. Franco Fabi, pronunciate ad una presentazione del “Metro di costa” del 12 Gennaio 2006. “Lungo la strada litoranea, che costituisce la direttrice storica del turismo riminese, l'offerta di trasporto pubblico è tuttora incentrata sulla filovia in funzione dal 1939 (…). In questa fascia territoriale la mobilità ha assunto nel tempo aspetti sempre più problematici, soprattutto durante le fasce orarie serali e notturne dei mesi estivi”. Secondo Fabi sarebbe TRC la “risposta a questa situazione” con  un “esito finale” “un miglioramento della qualità urbana e ambientale”.
E' dunque la ricerca di un bar, di un ristorante, di una via commerciale, di un locale notturno che causa la congestione e le sue conseguenze in termini di rumore, inquinamento, scadimento della qualità urbana!
Dopo cinque anni dalle parole di Fabi, dopo 16-17 anni dall'avvio del progetto MetroCosta, i tempi di questo “esito finale” su cui nessun politico o rappresentante istituzionale si è mai sbilanciato potrebbero esser computati in tempi geologici!
Intanto “si faccia l'opera”, è la tesi dei politici (di quasi tutti i partiti) e degli amministratori, dai Sindaci agli Assessori provinciali e regionali, “per non perdere il finanziamento”. Il resto verrà....
L'opera per l'opera con tutti gli interessi connessi anche contro la saggezza di gran parte dei cittadini che la rifiutano.

Buona parte delle azioni alternative che ho sopra delineato sarebbe invece possibile da domani, con la metà del budget previsto per il MetroCosta, (magari utilizzando, con una variante di progetto motivata dalla maggiore sostenibilità e valore strutturale della nuova proposta, proprio il finanziamento del CIPE  di 42,5 milioni) senza produrre:
un enorme cantiere di durata e di costi incerti;
un collegamento che sarebbe palesemente un infertile ibrido di duplicazione sia dell'attuale tram che del treno;
di  dubbia funzionalità con il suo percorso per buona parte in corsia unica e con le stazioni sopraelevate con tutte le difficoltà di accesso connesse;
una gestione senza margini di ritorno economico anzi con un deficit di gestione certo che i cittadini saranno chiamati a ripianare anno dopo anno e che si sommerà agli interessi sul debito contratto per la costruzione dell'infrastruttura;
senza contare l'impatto sulle proprietà, sulle alberature, sugli aspetti ambientali e visuali.

In tutto il mondo efficaci politiche per eliminare la congestione provocata dalle auto e incoraggiare
l'uso del mezzo pubblico (da Singapore a Londra, da Milano a Bologna, da Zurigo ad Amsterdam, da Zermatt a Montpellier, da Copenaghen a Firenze....) si sono dovute confrontare innanzitutto con l'obiettivo di scoraggiare il traffico privato e ciò soprattutto se originato da motivazioni non essenziali.
E' ciò che serve, non certo il TRC, anche alla “costa gioiosa” per rimanere tale.

Stefano Corazza
2 Agosto 2011



mercoledì 29 giugno 2011

alberi e trc a Riccione

Da privata cittadina e da discendente di famiglia di pescatori riccionesi seguo con amarezza ciò che sta accadendo a Riccione: per costruire la faraonica e inutile opera della Metropolitana Costiera (le ragioni dell'inutilità le spiegherò in un secondo post), si devono abbattere decine e decine di alberi secolari.

I comitati riccionesi sono ovviamente insorti. Hanno inventato un bel modo per far sapere ai concittadini, ai turisti (e agli alberi!) che non sono d'accordo. Hanno stampato decine di manifesti con le faccine sorridenti (smile) e una frase adeguata, poi li hanno attaccati con nastro adesivo (per non ferire le piante) a ogni albero.
Questa l'immagine:


Dopo un giorno i cartelli sono stati eliminati. 
Da chi? 
Si può immaginare: da chi ha convenienza alla costruzione della Trc.
Che evidentemente non ama ne' il dialogo ne' il dissenso.

giovedì 19 maggio 2011

Alberi

Avete visto nell'Abbazia di Westminter?



Gli alberi sono stati messi DENTRO!


E noi, fuori, in Italia, li togliamo tutti...dovremmo copiare gli inglesi, se non altro l'amore per gli alberi.

venerdì 25 marzo 2011

Nubi radioattive e incidente di Fukushima

Siamo di nuovo nei guai per colpa del nucleare.
Ennesimo incidente, contaminazione, nubi radioattive nell'atmosfera...nostri figli inquinati, future generazioni malate. Che tristezza!

Ho letto di tutto in questi giorni, ho cercato notizie libere, ho dato la caccia ai siti controinformati e ho studiato quelli ufficiali:
ancora una volta mentono, sapendo di mentire.
Chi?
Coloro che in questi giorni hanno minimizzato i rischi e gli effetti di questa nuova catastrofe.
Andare a riguardare i video dei primi giorni, anche in casa nostra, dove tutti si affannavano a dire che il nucleare è sicuro.
Se fosse così sicuro avrebbero già bloccato la centrale, l'avrebbero spenta, non avrebbero contaminato mare e atmosfera, città vicine e lontane e le PERSONE!!!!

mercoledì 19 gennaio 2011

Vogliamo mangiarci tutto il territorio?

Ho letto questo articolo. Non saprei esprimere meglio la preoccupazione per il futuro del nostro territorio.


CEMENTIFICAZIONE

Basta con le ruspe
salviamo l'Italia

In 15 anni edificati tre milioni di ettari di territorio, l'equivalente di Lazio e Abruzzo messi insieme. E con il piano casa il processo ha avuto un'accelerazione. Appello per fermare lo scempio del paesaggio, prima che sia troppo tardi


di CARLO PETRINI, da "La Repubblica" del 18 gennaio 2011.

Visto che in tv i plastici per raccontare i crimini più efferati sembrano diventati irrinunciabili, vorrei allora proporne uno di sicuro interesse: una riproduzione in scala dell'Italia, un'enorme scena del delitto. Le armi sono il cemento di capannoni, centri commerciali, speculazioni edilizie e molti impianti per produrre energia, rinnovabile e non; i moventi sono la stupidità e l'avidità; gli assassini tutti quelli che hanno responsabilità nel dire di sì; i complici coloro che non dicono di no; le vittime infine gli abitanti del nostro Paese, soprattutto quelli di domani.

I dati certi su cui fare affidamento sono pochi, non sempre concordanti per via dei diversi metodi di misurazione utilizzati, ma tutti ci parlano in maniera univoca di un consumo impressionante del territorio italiano. Stiamo compromettendo per sempre un bene comune, perché anche la proprietà privata del terreno non dà automaticamente diritto di poterlo distruggere e sottrarlo così alle generazioni future. Circa due anni fa su queste pagine riportavamo che l'equivalente della superficie di Lazio e Abruzzo messi insieme, più di 3 milioni di ettari liberi da costruzioni e infrastrutture, era sparita in soli 15 anni, dal 1990 al 2005. Dal 1950 abbiamo perso il 40% della superficie libera, con picchi regionali che ci parlano, secondo i dati del Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo, di una Liguria ridotta della metà, di una Lombardia che ha visto ogni giorno, dal 1999 al 2007, costruire un'area equivalente sei volte a Piazza uomo a Milano. E non finisce qui: in Emilia Romagna dal 1976 al 2003 ogni giorno si è consumato suolo per una quantità di dodici volte piazza Maggiore a Bologna; in Friuli Venezia Giulia dal 1980 al 2000 tre Piazze Unità d'Italia a Trieste al giorno. E la maggior parte di questi terreni erano destinati all'agricoltura. Per tornare ai dati complessivi, dal 1990 al 2005 si sono superati i due milioni di ettari di terreni agricoli morti o coperti di cemento.

Come si vede, le cifre disponibili non tengono conto degli ultimi anni, ma è sufficiente viaggiare un po' per l'Italia e prendere atto delle iniziative di questo Governo (il Piano Casa, per esempio) e delle amministrazioni locali per rendersene conto: sembra che non ci sia territorio, Comune, Provincia o Regione che non sia alle prese con una selvaggia e incontrollata occupazione del suolo libero. Purtroppo, nonostante il paesaggio sia un diritto costituzionale (unico caso in Europa) garantito dall'articolo 9, la legislazione in materia è in gran parte affidata a Regioni ed Enti locali, con il risultato che si creano grande confusione, infiniti dibattiti, nonché ampi margini di azione per gli speculatori. Per esempio la recente legge regionale approvata in Toscana che vieta l'installazione d'impianti fotovoltaici a terra sembra valida, ma è già contestata da alcune forze politiche. In Piemonte è stata invece approvata una legge analoga, ma meno efficace, suscitando forti perplessità dal "Movimento Stop al Consumo del Territorio". In realtà, in barba alle linee guida nazionali per gli impianti fotovoltaici - quelli mangia-agricoltura - essi continuano a spuntare come funghi alla stregua dei centri commerciali e delle shopville, di aree residenziali in campagna, di nuovi quartieri periferici, di un abusivismo che ha devastato interi territori del nostro Meridione anche grazie a condoni edilizi scellerati.

Ci sono esempi clamorosi: Il Veneto, che dal 1950 ha fatto crescere la sua superficie urbanizzata del 324% mentre la sua popolazione è cresciuta nello stesso periodo solo per il 32%, non ha imparato nulla dall'alluvione che l'ha colpito a fine novembre. Un paio di settimane dopo, mentre ancora si faceva la conta dei danni, il Consiglio Regionale ha approvato una leggina che consente di ampliare gli edifici su terreni agricoli fino a 800 metri cubi, l'equivalente di tre alloggi di 90 metri quadri.

Guardandoci attorno ci sentiamo assediati: il cemento avanza, la terra fa gola a potentati edilizi, che nonostante siano sempre più oggetto d'importanti inchieste giornalistiche, e in alcuni casi anche giudiziarie, non mollano l'osso e sembrano passare indenni qualsiasi ostacolo, in un'indifferenza che non si sa più se sia colpevole, disinformata o semplicemente frutto di un'impotenza sconsolata. Del resto,costruire fa crescere il Pil, ma a che prezzo. Fa davvero male: l'Italia è piena di ferite violente e i cittadini finiscono con il diventare complici se non s'impegnano nel dire no quotidianamente, nel piccolo, a livello locale. Questa è una battaglia di tutti, nessuno escluso.

Ora si sono aggiunte le multinazionali che producono impianti per energia rinnovabile, insieme a imprenditori che non hanno mai avuto a cuore l'ambiente e, fiutato il profitto, si sono messi dall'oggi al domani a impiantare fotovoltaico su terra fertile, ovunque capita: sono riusciti a trasformare la speranza, il sogno di un'energia pulita anche da noi nell'ennesimo modo di lucrare a danno della Terra. Anche del fotovoltaico su suoli agricoli abbiamo già scritto su queste pagine, prendendo come spunto la delicatissima situazione in Puglia. I pannelli fotovoltaici a terra inaridiscono completamente i suoli in poco tempo, provocano il soil sealing, cioè l'impermeabilizzazione dei terreni, ed è profondamente stupido dedicargli immense distese di terreni coltivabili in nome di lauti incentivi, quando si potrebbero installare su capannoni, aree industriali dismesse o in funzione, cave abbandonate, lungo le autostrade. La Germania, che è veramente avanti anni luce rispetto al resto d'Europa sulle energie rinnovabili, per esempio non concede incentivi a chi mette a terra pannelli fotovoltaici, da sempre. Dell'eolico selvaggio, sovradimensionato, sovente in odore di mafia e sprecone, se siete lettori medi di quotidiani e spettatori fedeli di Report su Rai Tre già saprete: non passa settimana che se ne parli su qualche testata, soprattutto locale, perché qualche comitato di cittadini insorge. È sufficiente spulciare su internet il sito del movimento "Stop al Consumo del Territorio", tra i più attivi, e subito salta agli occhi l'elenco delle comunità locali che si stanno ribellando, in ogni Regione, per i più disparati motivi.

Intendiamoci, questo non è un articolo contro il fotovoltaico o l'eolico: è contro il loro uso scellerato e speculativo. Il solito modo di rovinare le cose, tipicamente italiano. Anche perché l'obiettivo del 20% di energie rinnovabili entro il 2020 si può raggiungere benissimo senza fare danni, e noi siamo per raggiungerlo ed eventualmente superarlo. Questo vuole essere un grido di dolore contro il consumo di territorio e di suolo agricolo in tutte le sue forme, la più grande catastrofe ambientale e culturale cui l'Italia abbia assistito, inerme, negli ultimi decenni. Perché se la terra agricola sparisce il disastro è alimentare, idrogeologico, ambientale, paesaggistico. E' come indebitarsi a vita e indebitare i propri figli e nipoti per comprarsi un televisore più grosso: niente di più stupido.

Il problema poi s'incastra alla perfezione con la crisi generale che sta vivendo l'agricoltura da un po' di anni, visto che tutti i suoi settori sono in sofferenza. Sono recenti i dati dell'Eurostat che danno ulteriore conferma del trend: "I redditi pro-capite degli agricoltori nel 2010 sono diminuiti del 3,3% e sono del 17% circa inferiori a quelli di cinque anni fa". Così è più facile convincere gli agricoltori demotivati a cedere le armi, e i propri terreni, per speculazioni edilizie o legate alle energie rinnovabili. Ricordiamoci che difendendo l'agricoltura non difendiamo un bel (o rude) mondo antico, ma difendiamo il nostro Paese, le nostre possibilità di fare comunità a livello locale, un futuro che possa ancora sperare di contemplare reale benessere e tanta bellezza.

Per questo è giunto il momento di dire basta, perché rendiamoci conto che siamo arrivati a un punto di non ritorno: vorrei proporre, e sperare che venga emanata, una moratoria nazionale contro il consumo di suolo libero. Non un blocco totale dell'edilizia, che può benissimo orientarsi verso edifici vuoti o abbandonati, nella ristrutturazione di edifici lasciati a se stessi o nella demolizione dei fatiscenti per far posto a nuovi. Serve qualcosa di forte, una raccolta di firme, una ferma dichiarazione che arresti per sempre la scomparsa di suoli agricoli nel nostro Paese, le costruzioni brutte e inutili, i centri commerciali che ci sviliscono come uomini e donne, riducendoci a consumatori-automi, soli e abbruttiti.

Una moratoria che poi, se si uscirà dalla tremenda situazione politica attuale,dovrebbero rendere ufficiale congiuntamente il Ministero dell'Agricoltura, quello dell'Ambiente e anche quello dei Beni Culturali, perché il nostro territorio è il primo bene culturale di questa Nazione che sta per compiere 150 anni. Sono sicuro che le tante organizzazioni che lavorano in questa direzione, come la mia Slow Food, o per esempio la già citata rete di Stop al Consumo del Territorio, il Fondo Ambientale Italiano, le associazioni ambientaliste, quelle di categoria degli agricoltori e le miriadi di comitati civici sparsi ovunque saranno tutti d'accordo e disposti a unire le forze. È il momento di fare una campagna comune, di presidiare il territorio in maniera capillare a livello locale, di amplificare l'urlo di milioni d'italiani che sono stufi di vedersi distruggere paesaggi e luoghi del cuore, un'ulteriore forma di vessazione, tra le tante che subiamo, anche su ciò che è gratis e non ha prezzo: la bellezza. Perché guardatevi attorno: c'è in ogni luogo, soprattutto nelle cose piccole che stanno sotto i nostri occhi. È una forma di poesia disponibile ovunque, che non dobbiamo farci togliere, che merita devozione e rispetto, che ci salva l'anima, tutti i giorni

martedì 18 gennaio 2011

Tre anni fa


Articolo che scrissi su La Repubblica

fonte: "La Repubblica", 05/08/08


Sono le 4 e mezzo del mattino a Riccione, zona centro, a 10 passi dal “tranquillo lungomare” appena inaugurato. Sembra di essere in guerra. Bande di giovani urlanti e apparentemente privi di senno sono appena passati lasciando per terra cocci di bottiglia e cartacce. Vanno a ondate, uscendo dai locali fracassoni e dalle discoteche. 
La notte, di impressionante violenza e rumore, del resto comincia assai prima. Già dal pomeriggio si comincia la sistematica distruzione della quiete altrui: nel pattinaggio la musica viene diffusa a tutto volume, bassi a manetta, martellamento con canzoni a basso contenuto culturale a cui si aggiunge man mano, e fino ad almeno mezzanotte, altre musica delle due giostre nei giardinetti. Il traffico delle auto è ormai nella zona mare completamente dirottato su Viale Milano: serpentone di auto quasi ferme si snoda tra gas di scarico e la musica proveniente da ogni abitacolo. Le moto superano le auto bloccate con emissioni di decibel paragonabile all’aereo in decollo. Autobus pesantissimi fanno vibrare le case.
 L'apoteosi si raggiunge nelle notti in cui ci sono manifestazioni o concerti all’'aperto: in Piazzale Roma lo sballo non viene dalle pasticche di droga, ma si alimenta con questo incessante rumore.
 Questa notte riccionese -insonne- si completa verso le sei: pulizia rumorosissima delle strade ridotte a vespasiani, camion con emissione di decibel da motosega svuotano cassonetti e bidoni dell’immondizia.



Quando? Da maggio a fine settembre, più di 180 giorni di ordinaria follia, senza nessun intervento dell’amministrazione, di vigili o forze dell’'ordine: qui vige la DEROGA, e non solo del rumore, ma di tutta una serie di azioni volte al guadagno di pochi e alla distruzione dell’ambiente: nuovo cemento sulla costa, costruzione di palazzi a meno di 300 metri dal mare, estirpazione di alberi meravigliosi e secolari con il pretesto che siano malati (se fossero tutti così malati sarebbe veramente preoccupante portare qui i bambini in vacanza!), degrado insopportabile.

Cui prodest? Diamoci delle risposte e non lamentiamoci se le famiglie non vengono più a Riccione, se al massimo si sta una settimana e se il turismo è calato del 30%!






lunedì 10 gennaio 2011

No al nucleare!!!!!!!

Girando per la rete si trovano blog interessanti. Articoli che fanno pensare. Questo, di Angelo, dal blog "L'inverno e la rosa", mi è sembrato particolarmente azzeccato.
Ho riconosciuto i fazzolettoni nell'intestazione del blog: anch'io sono stata scout, ho vissuto nella natura, ho promesso, ho lottato per difendere le scelte che credevo e credo giuste.

Questo il link:
invernoerosa.blogspot.com/2011/01/nucleare-certo-per-far-esplodere.html
trascrivo le ultime righe, illuminanti:


"...Per il resto attendiamo un reattore a fusione funzionante, prima, 
cari amici atomici, non tornate da queste parti, per favore...
Davvero, non è necessario affatto decidere contro il nucleare per paura. 
Basta farlo per povertà.
E per voglia di ricchezza."

Che Dio ce la mandi buona: non è il caso riprendere a construire centrali.
Avevamo detto NO e lo confermiamo:
NO! No al ritorno al nucleare.